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XXVI giorno: Sant Cugat del Vallès - Terrassa 

Oggi, dopo tanti giorni, abbiamo deciso, complice il tempo non propriamente adatto ad una passeggiata lungomare, di tornare nell’entroterra. Così, alla fermata Gràcia, siamo saltati sul treno che va a Terrassa, per visitare Sant Cugat del Vallès, una graziosa cittadina che di poco precede Rubí. Trovandosi nella zona 2 e avendo l’abbonamento per la zona 1, abbiamo dovuto fare il biglietto. Costo: Ꞓ 2,40/cad. 

Le località che si incontrano strada facendo, a parte quelle sotterranee di Muntaner, Sarrià e Peu del Funicular, sono Baixadora de Vallvidrera, Les Planes, La Floresta e Valldoreix, le quali lasciano intravedere un paesaggio collinare, piacevolmente selvaggio, ricco di vegetazione boschiva che tanto mi ricorda la mia verde Umbria. Non nascondo che, per un momento, sono stata assalita da un sottile abbattimento morale, se vogliamo, un’infantile nostalgia di casa, complice anche una certa sonnolenza postprandiale dovuta, forse, ai tortellini con la panna da me preparati e consumati poco prima (eh…oh, quanno ce vo, ce vo!). 

L’imminente destinazione, Sant Cugat, mi riporta al presente così, con la velocità con cui è arrivata, la vaga e tenue tristezza mi abbandona, lasciando il posto alla sensazione di conquista di una nuova frontiera. La piazzetta, all’uscita della stazione, preannuncia lo stile della cittadina: case basse, di uno, massimo due piani, tipicamente catalane, vie pedonali ricche di caratteristici negozi e invase da esuberanti giovani ragazzi, appena usciti da scuola, per la maggior parte contraddistinti da particolari divise liceali. 

Seguendo la scia, non ci è difficile giungere in una delle più suggestive piazze del paese: Plaça d’Octavià su cui si affaccia il Monestir de Sant Cugat, abbazia benedettina del IX secolo, sorta su un antico edificio paleocristiano, dotata di campanile, museo e chiostro risalente al XII secolo, il tutto racchiuso entro uno spettacolare ed elegante muro di cinta. Eccetto il chiostro, che è in stile romanico, la Chiesa è caratterizzata da quello gotico, con una navata centrale e due laterali ed una facciata abbellita da un enorme rosone. Oltretutto, il caso ha voluto che, oggi, proprio in quella chiesa, e in quell'orario, vi fosse celebrato un matrimonio tra due persone non più giovanissime, a cui abbiamo potuto assistere anche con una timida, irrazionale commozione. 

Dopo aver consumato un gelato (non mi soffermo sulla qualità, considerando che, con un sovrapprezzo di 50 centesimi, è stato spacciato un semplice gusto di vaniglia per panna montata) e dopo aver passeggiato ancora per le graziose vie pedonali, ci siamo nuovamente diretti alla stazione, destinazione Terrassa, passando per le stazioni di Mira-Sol, Hospital General, Rubí e Les Fonts, e pagando Ꞓ 3,40 a persona, trovandoci nella zona 3.


Terrassa, che dista 28 km da Barcellona, non ha nulla a che vedere con Sant Cugat che è palesemente impregnata di storia. Almeno ad un primo sguardo – chissà, magari ci tornerò e scoprirò di essermi sbagliata – appare più moderna, dallo stile standard di un'ordinaria città di oggi. Vanno menzionate le tre chiese visigotiche del V secolo, distrutte dagli Arabi e ricostruite in stile romanico tra l’XI e il XII secolo, e la Cattedrale dello Spirito Santo, del XVI secolo, in evidente stile gotico. 

La Rambla d’Ègara comunque è graziosa, con un po’ di fantasia ricorda quella di Barcellona, da cui si distingue, oltre che per l’assenza dei magnifici palazzi, per la presenza delle panchine che, qui, non mancano. Percorrendola si giunge al Museu de la Ciència i la Tècnica de Catalunya, ospitato in un’antica fabbrica tessile, e alla Factoria Cultural de Terrassa, un edificio moderno che contiene, tra le varie cose, un grande auditorium e una sala in cui sono permanentemente esposti i quattro murales di Joaquín Torres García, installati su una struttura metallica nella stessa disposizione che avevano originariamente, presso la casa dell’artista a Mon Repos, una località nei dintorni di Terrassa. 

Il rientro a Gràcia in treno, previo pagamento di biglietto, da zona 3 a zona 1, di Ꞓ 4,90 a persona, si è svolto sonnecchiando, tra la confusione di persone più o meno diligenti dal punto di vista della prevenzione della trasmissione del Covid-19. E pensare che quello sarebbe chiamato Tren de silenci (cat.) o Tren de silencio (spag.), poiché si invitano le persone a non parlare per non emettere particelle che favorirebbero la diffusione del virus.


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