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BENEDETTI NICOLETTA

– Giulia, vieni a vedere… ma com’è possibile? È assurdo! —

Mentre Giulia scende le scale, ancora assonnata e con le pantofole ai piedi, ode le voci concitate delle sue assistenti. Abita in un soppalco sopra e dentro la galleria d’arte e non si rende conto di scendere la mattina al lavoro abbigliata come se transitasse nel salotto di casa.

– Ragazze che succede? Cos’è questo baccano? –

Non fa in tempo a profferire parola che i suoi occhi cadono sul quadro in bella vista sulla sua scrivania, ha un tuffo al cuore e comprende subito il nervosismo di Marina e Chiara.

La firma nientemeno di G. Lanzi, la sconvolge; pensa: “È uno scherzo di cattivo gusto” e va a cercare nell’imballaggio una lettera di accompagno che le potesse far capire di cosa si stesse trattando, ma niente.

– Giulia abbiamo cercato anche noi, c’è soltanto l’indirizzo del mittente; credevo fosse uno dei quadri che stiamo aspettando da spedire a Venezia, ma quando l’ho aperto sono rimasta di sasso, sono venuta qui nella tua stanza per sincerarmi che fosse ancora lì al suo posto. – Marina fa una pausa: 

– Sono gemelle, straordinario! Ma chi diamine lo ha dipinto? Porta la tua firma! –

“Le opere comunque non sono identiche; il mio dipinto” pensa Giulia “ha dei colori più caldi, di un valore più alto, i colori del quadro alieno invece hanno delle tonalità più fredde, ma il tema ed i dettagli sono gli stessi, quel luogo è conosciuto perfettamente anche dall’altro autore.” Giulia non aveva mai mostrato a nessuno il suo quadro, tranne a coloro che venendo nel suo ufficio avevano la possibilità di ammirarlo, ma a chi poteva interessare?

L’indomani mattina Giulia si sveglia all’alba, butta quattro cose in valigia, lascia sulla scrivania un biglietto per le assistenti, sale in macchina e via in direzione LRS sarl, Port de Plaisance, Saint Jean Cap Ferrat, Francia.

La mente di Giulia è un vulcano, mille ipotesi, mille congetture.

Vorrebbe parlarne con il padre, ma ora è fuori Italia per una vacanza-lavoro con la nuova compagna e non vuole disturbarlo, ha superato da poco una forte depressione, preferisce lasciarlo in pace.

Giulia Lanzi, trentadue anni, laureata in architettura, vive a Roma, proprietaria di una galleria d’arte cedutale dal padre Antonio quando quest’ultimo decise di lasciarsi soltanto lo studio di architettura e d’arredo d’interni; continua comunque a collaborare con lui, hanno sempre bisogno l’uno dell’altra. Ora Antonio e Maddalena, anche lei arredatrice d’interni, sono in Oriente in cerca di mobili  esotici, destinati all’arredamento di una villa nella campagna romana.

Sono le nove in punto, squilla il telefono; Chiara dall’altra parte della linea è un boato a cielo aperto, tanto che la poverina è costretta ad abbassare il volume per non farsi rompere un timpano:

– Cosa ti è saltato in mente, c’è la mostra di Venezia! Ti rendi conto? –

– Calmati Chiara, siete perfettamente in grado di gestire anche senza di me, credo che dietro a quel quadro ci sia il mondo, il mio mondo. Vi terrò informate. Ciao –

Giulia riattacca il telefono con fermezza, alza lo stereo e via direzione Saint Jean Cap Ferrat.

Alle quattordici arriva a Beaulieau sur Mer, parcheggia la Porsche Macan bianca, s’incammina verso il lungomare, prende la Promenade Maurice Rouvier all’altezza della Baie des Fourmis, un sentiero bellissimo che costeggia tutto il litorale e conduce fino alla penisola di Saint Jean Cap Ferrat e permette di ammirare le meravigliose ville della Riviera che appartengono anche a proprietari famosi tra cui quella di David Niven e la villa Ephrussi de Rothschild.

La promenade nasce per farti godere dei colori del mare, tra le naturali insenature e i piccoli porticcioli, le sfumature si amalgamano con i contrasti della vegetazioni e dei tanti hibiscus e bougainville pennellati sulle pareti e sui balconi delle ville e tra i giardini opulenti. Lo spettacolo che ne risulta è così gradevolmente morbido alla vista da farti assaporare ancor di più il profumo del vento marino frammisto alle note silvestri.

Giulia ha sempre amato questa passeggiata. Sono anni che non mette piede su questo lembo di terra, ma ora il destino l’ha chiamata e lei è pronta a rispondere, vuole sapere, vuole capire.

Quindici minuti di passeggiata ed esce dalla Promenade, a pochi passi da lì si trova su Port de Plaisance davanti alla LRS sarl, è arrivata. Il cuore le batte forte, non sa cosa l’aspetta, ma sa che il passato sta bussando alla sua porta. Pigia il campanello ma dietro di lei c’è un uomo sulla quarantina che disinvolto inserisce la chiave nella serratura, la guarda come se la conoscesse e cavallerescamente la invita a varcare la soglia prima di lui.

– Bonjour Mademoiselle, prego mi segua. –

Giulia con grande sorpresa si blocca ed esordisce irritata:

– Mi scusi ma lei chi è? Ci conosciamo?  –

– La stavo aspettando, mi segua non abbia paura, non la mordo mica. Sono l’ingegner Paolo Rossi Sartori, comproprietario di questa società immobiliare, ho molte cose da raccontarle, la prego non resti lì impalata, ripeto non l’ho fatta venire qui per farle del male, anzi tutt’altro, se ha fiducia lo scoprirà. –

L’uomo nel frattempo prende le scale, arrivati al primo piano si dirige verso la porta di destra, infila la chiave nella serratura ed entrano in un appartamento dai colori freddi che sfumano dal nero al grigio, alla carta di zucchero, fortuna le grandi vetrate e quindi il sole ad illuminare l’ambiente altrimenti sarebbe stato ancora più tetro. Giulia viene scossa da un brivido lungo la schiena. Paolo si accorge subito del malessere della ragazza e la invita a sedersi su di una poltrona, una chaise longue di pelle nera e d’acciaio.

L’uomo si adagia su una poltrona color grigio proprio davanti alla ragazza che sentendosi così osservata e maledettamente in imbarazzo comincia a parlare in maniera convulsiva.

– Credo sia giunto il momento che lei mi spieghi cosa stia succedendo. –

– Non sono io che debbo darle delle spiegazioni, ma una persona che sta per arrivare, abbia pazienza, io ho fatto soltanto da gancio. –

“Quest’uomo è davvero bello ed affascinante” pensa Giulia “quegli occhi di un azzurro ghiaccio tra le pagliuzze emanano una dolcezza infinita, il naso affilato, il mento deciso, i capelli corvini ed il corpo… be’ ha il corpo atletico di un nuotatore.” Lo immagina a torso nudo alla guida di un motoscafo tra le onde del mare con quella pelle ambrata tutta imperlata di goccioline di acqua e sale. I suoi pensieri vengono distolti dal rumore dei passi che si stanno avvicinando verso di loro, sicuramente quelli di una donna nervosa su due tacchi a spillo chilometrici. Eccola apparire: sulla trentina, alta circa un metro e settanta, bionda, occhi azzurri, sguardo felino, fisico mozzafiato, forse il seno rifatto e anche le labbra, appena uscita dalla sartoria di Elie Saab.

La donna scivola con lo sguardo sul corpo di Giulia come fosse una Tac ad HD scannerizzando fin dentro ai suoi pensieri più reconditi, fino all’anima, senza un minimo di empatia vomita sulle sue orecchie parole ben sezionate da una lama di bisturi:

– Sono tua sorella gemella Geraldine Lanzi. –

Squadra la povera sorella ormai esanime e con il bisturi grondante di sangue continua infierendo e squarciando ancor di più la ferita:

– Ormai è una vecchia memoria d’altri tempi, anche se, da quello che ho sotto gli occhi, non mi sembra che ci somigliamo affatto, almeno nella forma. –

Con sguardo cinico e dispregiativo poggia una grossa borsa di pelle che sarà costata quanto due metri quadri di appartamento in Costa Azzurra e va a versarsi uno scotch con ghiaccio e lo sorseggia mentre apre una parete mobile di vetro che permette l’accesso ad un balcone con l’affaccio sul porto.

– Ma cos’ha appena pronunciato? –

Giulia balbettando si rivolge a Paolo che ora vede come unica ancora di salvezza in mezzo a questo naufragio. Benché scossa, comincia a capire il perché di quel quadro, si guarda attorno e anche se la testa le sta girando in modo vertiginoso nota che i quadri alla parete portano la firma di G. Lanzi e tutti sono con tinte morte, mancano i colori caldi, il giallo, il rosso e l’arancio, tutto intorno è arido, è freddo, come la mente di quella donna che è lì sul terrazzo a sorseggiare uno scotch con addosso abiti costosi, gioielli, unghie perfette, dialettica studiata.

Paolo che ruolo ha?

Giulia si alza dalla poltrona e va verso il terrazzo ma Geraldine con voce sarcastica la blocca:

– Speriamo non vorrai venirmi a baciare ed abbracciare come nei vostri dozzinali programmi televisivi italiani – e con una risata alla Crudelia Demon si riprende i due metri quadri di appartamento poggiati sulla poltrona e rivolta a Paolo sentenzia:

– Pensi tu a togliermi di torno la sorellina? Quando hai concluso ci vediamo nel mio ufficio, ho bisogno di parlarti di cose davvero serie. –

Con lo sguardo altezzoso e dispregiativo squadra da capo a piedi la sorella come fosse una barbona, gira i tacchi e si dirige in fondo al corridoio chiudendosi dietro la porta.

Giulia si guarda i piedi ed in effetti calza un paio di Nike bianche, diciamo erano bianche ora sono grigiastre di polvere, un paio di jeans superlavati, un camicione di seta con collo alla coreana tipo santone, le unghie ahimè ancora qualche volta se le mangia, i capelli sciolti, riga in mezzo, tirati dietro le orecchie spoglie da qualsivoglia orecchino, nemmeno l’ombra di collane e bracciali e non solo senza un Patek Philippe o Rolex ma proprio senza orologio, la borsa poi non è una Hermès.

Paolo ha intuito il disagio di Giulia, si avvicina a lei, l’attira sul suo petto e le carezza la testa; la ragazza si lascia andare a quell’abbraccio così tenero, tra quelle braccia forti sente un calore così intenso e un benessere che non vorrebbe più sciogliersi, ha come la sensazione che in quell’abbraccio ci sia già stata, magari nel suo cervello arcaico è rimasta la memoria di quest’uomo incontrato in altre vite.

La voce calda di Paolo la riporta alla realtà:

– Non farci caso, a volte riesce ad essere migliore, poche volte però… – si perde dentro ad una fragorosa risata talmente contagiosa che anche la ragazza riesce a sorridere, poi la invita a dirigersi verso la porta e ad uscire da quell’appartamento così opprimente.

Scendono in strada, l’uomo prende la direzione della Promenade Rouvier, sa che la ragazza è affezionata a quel luogo. Giulia comincia a fare domande. Paolo conscio che questo momento sarebbe arrivato la blocca e comincia a raccontare:

– Allora, la storia è lunga. Prima di raccontartela ti dico perché io ci sono in mezzo. –

Fa una pausa per riordinare le idee, tira un bel respiro, guarda il mare e va avanti:

– Io e Geraldine siamo la LRS sarl immobiliare, ma non siamo i soci fondatori, quelli erano mio nonno Giuseppe Rossi Sartori, tuo nonno materno Pierre Dubois e tuo padre Antonio Lanzi sopraggiunto dopo che ha intrecciato rapporti con tua madre. Quando tu e Geraldine avevate sei anni è accaduto un incidente automobilistico a vostra madre, questo già lo sai, ma quello che non sai è che tu e tua sorella entrambe stavate nella vettura quando vostra madre è andata fuori strada ed è morta. Fortunatamente voi siete rimaste illese. Tua madre stava scappando da tuo padre per raggiungere il suo amante a Parigi e quindi aveva dato ad entrambe un sonnifero; per questo non avete memoria di quello che è accaduto realmente. – Fa una pausa, inghiotte la saliva, guarda il viso della ragazza che è divenuto ceruleo e ricomincia:

– Tuo padre aveva intuito da tempo che qualcosa stava cambiando nel cuore di Ivonne, se un cuore l’avesse mai avuto. Scusami ma tua madre era una donna devota al denaro, al lusso, alla vita mondana, diciamo come tua sorella; insomma, da un secondo telefono Antonio riuscì ad ascoltare una conversazione di tua madre con il suo amante mentre stavano architettando la fuga, complice tua nonna Mirelle, altra donna anaffettiva, devota soltanto al dio denaro. Tuo padre soffriva anche per la situazione lavorativa in cui si era messo, poiché era entrato in società con il suocero che lo sfruttava soltanto per le sue grandi capacità comunicative ed amministrative, ma per il resto lo trattava a pesci in faccia poiché i Dubois hanno origine da una famiglia facoltosa e blasonata, invece tuo padre proviene da una famiglia, a mio dire migliore di loro, ma comunque modesta. Quindi Antonio in quegli ultimi tempi si era dato all’alcol ed ai tranquillanti e quella sera a maggior ragione ne aveva abusato. Tornò a casa prima dell’orario previsto per la fuga in modo da bloccare tua madre, ma anche lei aveva giocato d’anticipo, aveva messo voi bambine già in macchina sedate, e mentre caricava le valigie Antonio le si è avvicinato per parlarle, ma lei vedendolo sconvolto ha avuto paura e si è messa ad urlare. Sono accorsi tutti: tua nonna la ruffiana e la servitù, a quel punto tuo padre ha perso le staffe ed ha cominciato a picchiarla fin quando lei è caduta a terra sbattendo la testa e tutta sanguinante è salita nell’automobile ed è partita. Tuo padre l’ha inseguita con la sua autovettura e anche tua nonna, insomma tre auto una dietro l’altra, ma dopo qualche curva Ivonne ha perso i sensi ed è precipitata in un dirupo; l’automobile era piena di sangue, tua madre ha avuto l’incidente ed è morta per la botta in testa ricevuta cadendo a causa delle percosse inferte da tuo padre. Tua nonna Mirelle, testimone di tutto, non ha mai perdonato tuo padre e l’ha costretto a lasciare la casa, a tornarsene in Italia e a cedere quasi tutte le quote della sua parte di società in cambio del silenzio per evitare di finire in galera; gli fu vietato persino di vedere te e Geraldine. Ora veniamo a te. Sei sempre stata molto legata a tuo padre, hai sempre amato più lui di tua madre, facevate lunghe passeggiate su questa Promenade, uscivate in barca, vi tuffavate al largo. Quando siete nate, Ivonne e Antonio decisero che una bambina avrebbe avuto un nome francese e l’altra un nome italiano ed è così che siete state scelte, o che voi avete scelto il genitore. Quando tuo padre è tornato a vivere a Roma e tu sei rimasta senza genitori, non facevi altro che fuggire via, piangevi perché volevi tuo padre. La società per azioni anche soffriva della mancanza di Antonio, gli investitori cercavano tuo padre, allora tuo nonno cominciò a fidarsi di un inglese che gli consigliò di farlo fuori del tutto; così i tuoi nonni privi di scrupoli pensarono di convincere tuo padre a cedere l’ultima fetta di società a patto che si fosse portato in Italia quella bambina ribelle, priva di grazia e di eleganza, purtroppo senza la minima possibilità di divenire una donna di classe degna del loro rango. Tuo padre accettò e sottoscrisse nel contratto di non rivelare mai questa verità né a te e né a Geraldine, altrimenti lo avrebbero accusato della morte della moglie. I tuoi nonni con le conoscenze che avevano hanno insabbiato tutto. –

Giulia è impietrita non sa cosa dire. Perché non ricorda nulla di sua sorella? Ricorda la casa dei nonni, ricorda il viso della madre che poi è la donna sull’altalena ritratta nel quadro.

Ora comprende i silenzi di suo padre, le crisi ed il fatto che non sia voluto più tornare dai nonni. Pover’uomo quanto deve aver sofferto.

– Paolo, ma i nonni sono vivi? –

– No, sono morti entrambi, tuo nonno dieci anni fa. In quel periodo mi sono innamorato di Geraldine. Tua nonna invece due anni fa. In punto di morte, presa dai rimorsi ha raccontato tutto a tua sorella ed a me. –

Paolo guarda il mare per carpirne la forza, ad ogni folata di vento ne respira l’aroma quasi ad inebriarsi per poter riuscire a terminare il racconto davvero sconvolgente. La prende per mano e vanno avanti fino a raggiungere la spiaggia di Beaulieu davanti al Casinò. La mano chiusa in quella di Paolo le dona sicurezza, è come se quell’uomo fosse la sua anima gemella e che si trovasse lì sulla Promenade soltanto per aspettarla.

– Dove hai l’auto? Ti debbo ancora svelare una sorpresa! –

– Spero almeno questa sia bella – risponde Giulia abbozzando un sorriso.

– Ascolta Paolo, ma il quadro quindi chi l’ha spedito? –

– L’ho spedito io, altrimenti tu non avresti mai saputo la verità; le quote della LRS appartenenti a tua sorella in realtà per metà sono anche tue, sono tutto ciò che ti resta della tua famiglia. Tuo nonno senza tuo padre non è stato capace di tenere il passo, quando è subentrato Antonio alla guida della società loro già si erano venduti tantissimi beni di famiglia per poter mantenere un tenore di vita alto, inoltre tuo zio Claude, fratello di Ivonne, prima di trasferirsi in India aveva perpetrato un sacco di danni al patrimonio, ora è morto anche lui in India per un’infezione.

– Ecco la mia auto, dove andiamo? –

– A casa dei nonni! Guido io, non credo tu ricordi la strada. –

La coppia si avvia verso la collina sopra la tenuta dei Rotschild, proprio dietro la villa Ephrussi.

Arrivati davanti al cancello il cuore di Giulia sta uscendo fuori dalla camicetta; Paolo mentre guida le tiene la mano in segno di conforto per farle comprendere che le stava vicino e capisce le sue emozioni.

– Una cosa non capisco Paolo, ma tu cosa ne sapevi del quadro? –

– Ci hai messo a chiedermelo! Dopo le rivelazioni di tua nonna, la situazione con Geraldine si è complicata; lei è bellissima, come te, del resto siete gemelle, ma a differenza di te è fredda, calcolatrice, presa soltanto dalla forma, dalle apparenze, insomma senz’anima. Io non sono come lei. Mi piace il lusso, la bella vita, ma non ne faccio una legge, una religione. Avevo pensato che lei fosse così perché è una donna che ha bisogno di sanare il suo passato e quindi le ho detto mille volte “Cerca tua sorella, ti farebbe bene, saneresti il tuo animo ricongiungendoti con il passato, ti aiuterebbe ad andare avanti” ma lei nulla, ha paura di dividere con te le sue quote. Ho deciso quindi di venire a Roma a cercarti, convinto che lo stessi facendo per lei; invece quando ti ho vista… ti ho seguita, sono entrato anche nella tua galleria quando non c’eri, facendo finta di interessarmi ai quadri e che ne volessi acquistare qualcuno. Un giorno una tua assistente mi ha portato nella tua stanza per fissare un appuntamento con te, e sono rimasto sbalordito dalla somiglianza del tuo quadro con quello di Geraldine, anche se tu sei l’alter ego, sei solare, sei viva, sei colorata, sei semplice, sei una donna con l’anima. Geraldine forse l’anima l’ha lasciata quella sera nell’auto di tua madre. – Fa una pausa e una lagrima gli bagna la gota; allora Giulia lo abbraccia forte e lui dentro a quell’abbraccio le confessa:

– Sai Giulia, ho continuato a spiarti perché mi sono innamorato di te. Ho rubato il quadro a Geraldine e te l’ho spedito, per fare in modo che tu venissi qui e io potessi mostrarti quell’altalena dove si cullava tua madre e vi chiedeva a tutte due di spingerla, dicendovi che con l’altalena … –

– … si librava nell’aria come una farfalla. Già, è l’unico ricordo che ho di mia madre! –

– Ecco l’altalena vuoi salire? Ti spingo così potrai librarti nell’aria e ricongiungerti con il passato. –

–  Grazie Paolo, ma come fai ad avere le chiavi della villa? –

– Perché sono io il proprietario della villa, vivo qui, non ho cambiato una virgola soltanto per te. –

– Sbaglio o mi stai facendo una dichiarazione d’amore? –

– No, non sbagli, ma per coronare il tutto dobbiamo dirlo a tuo padre! –

– Ma Geraldine come la prenderà? –

– Il maggior azionista sono io, ho il sessanta per cento della società, l’importante è che io continui

a mantenerle i lussi e che lei curi le public relations, debbo dire che in quello è un fenomeno! –

Si fanno una fragorosa risata e poi Giulia invita Paolo a spingerle l’altalena appesa alla grande quercia.

Il sole sta scendendo e inonda i cirri e gli accumuli di rosso, di giallo e di arancio, i capelli biondi slegati al vento volano su nel cielo mentre le gambe di un rosa talco tagliano l’aria e il bianco vestito di pizzo e seta svolazza su quel giovane corpo di donna che tra un altalenare e l’altro sogna soltanto di fuggire via.